Come conservare i funghi

Buoni da consumare subito, ma anche squisiti da conservare… per quando non ci sono e non è più stagione, i funghi meritano un po’ del nostro tempo per imparare a conservarli, in modo da averli sempre a disposizione per tutto l’anno. I funghi si possono conservare in tanti modi, ma le conservazioni di base sono le seguenti: sott’olio, sotto aceto, in salamoia, al naturale, surgelati, seccati.
Se avete la fortuna di raccogliere tanti funghi nelle vostre scampagnate, o se decidete di dedicare un po’ di tempo ai funghi, ecco i modi tradizionali per conservarli e averli sempre buoni tutto l’anno.

Un consiglio per i funghi secchi: non fate i sofisticati, tenendo per la conservazione dei funghi secchi solo i preziosi porcini: ma mescolate a qualche porcino anche le varietà più modeste. Il risultato di questo “cocktail” di funghi secchi sarà ottimo… come se aveste conservato tutti porcini e basta, e la vostra fatica sarà premiata con tanti e tanti bei sacchettini da conservare a lungo.

Champignons sott’olio
private gli champignons della parte dura e terrosa e metteteli a mano a mano in acqua fredda acidulata con succo di limone per evitare che anneriscano. Nel frattempo portate ad ebollizione dell’acqua salata (deve appena coprire in funghi) con il succo del limone rimasto, 2 chiodi di garofano, i grani di pepe, un pezzetto di cannella e 1 foglia di alloro. Fate riprendere il bollore a fiamma viva poi riducete il calore e continuate la cottura per 20 minuti facendo attenzione che il liquido non evapori. In questo caso versate poca acqua bollente. Sistemate gli champignons cotti al dente e perfettamente sgocciolati, in vasi piccoli, ricopriteli con olio e chiudete ermeticamente i vasi.

Dosi occorrenti:
- 1 kg di champignons piccolissimi
- 2 limoni
- 1 pezzetto di cannella in stecca
- 2 chiodi di garofano
- qualche grano di pepe
- 1 foglia di alloro
- olio d’oliva
- sale

Funghi porcini sott’olio
scegliete i funghi sani, sodi, possibilmente piccoli, altrimenti se ve ne sono di grossi tagliateli a pezzi. Privateli della parte terrosa e passateli con una pezzuola inumidita. In una pentola di acciaio inossidabile oppure smaltata, mettete la quantità di aceto necessaria a coprire i funghi, salatelo e quando bolle buttatevi i funghi lasciandoli bollire per 3 minuti. Sgocciolateli, metteteli su un telo e quando saranno freddi sistemateli in vasi preferibilmente piccoli, unendo in ciascuno qualche chiodo di garofano, qualche grano di pepe e 1 foglia d’alloro. Versate l’olio fino a coprire i funghi poi chiudete i vasi. Se dopo alcuni giorni vi accorgerete che l’olio è diminuito, aggiungetene dell’altro. Tenete i vasi al buio e al fresco.

Dosi occorrenti:
- 2 kg di funghi porcini o altre qualità
- chiodi di garofano
- grani di pepe
- foglie d’alloro
- olio d’oliva
- sale

Funghi sotto aceto
private i funghi della parte terrosa e passateli con una pezzuola inumidita. Portate ad ebollizione dell’acqua salata, buttatevi i funghi e lasciateli bollire per 3 minuti. Sgocciolateli, metteteli su un telo e fateli asciugare e raffreddare. Trascorso questo tempo (2 o 3 ore), sistemateli nei vasi (possibilmente piccoli per poterli consumare più facilmente dopo che i vasi sono stati aperti) e unite un pezzetto di cannella, chiodi di garofano, grani di pepe, foglie d’alloro. Intanto fate bollire dell’aceto in un recipiente di acciaio inossidabile o smaltato, salatelo e quando si sarà intiepidito versatelo sui funghi in modo che ne siano ricoperti. Chiudete i vasi e conservateli al fresco. Se dopo un po’ di tempo notate che l’aceto è diventato torbido, sostituitelo con dell’altro fresco, sempre dopo averlo fatto bollire.

Dosi occorrenti:
- 2 kg di funghi porcini o altre qualità
- 1 pezzetto di cannella
- chiodi di garofano
- foglie d’alloro
- aceto bianco
- sale
- grani di pepe

Funghi al naturale
scegliete possibilmente funghi piccoli della medesima grandezza (se sono grossi tagliateli a pezzi, privateli della parte terrosa, passateli con una pezzuola inumidita e, se necessario, lavateli velocemente in acqua fredda corrente. Portate a bollore dell’acqua con sale e i chiodi di garofano poi buttatevi i funghi e fateli bollire a fuoco vivo per 3 minuti. Dopo averli sgocciolati e lasciati raffreddare, sistemateli in vasi preferibilmente da 1/2 litro. Nel frattempo fate bollire dell’altra acqua con sale (10 gr per ogni litro) e quando sarà fredda versatela sui funghi. In ogni vaso mettete una foglia di alloro, qualche grano di pepe, chiudeteli e sterilizzateli per 1 ora. Teneteli nel liquido finché saranno freddi poi conservateli in luogo fresco e al buio.

Dosi occorrenti:
- 2 kg di funghi porcini o altre qualità, sani e sodi
- qualche chiodo di garofano
- foglie di alloro
- grani di pepe
- sale

Funghi trifolati
private i funghi della parte terrosa, passateli con una pezzuola inumidita e tagliateli a fette. In un tegame fate rosolare l’olio con gli spicchi d’aglio schiacciati, unitevi i funghi, sale e pepe. Mescolando con un cucchiaio di legno, lasciateli cuocere a fuoco vivo finché sia evaporata completamente l’acqua di vegetazione. Prima di levare i funghi dal fuoco mescolatevi il prezzemolo tritato. Eliminate l’aglio e versate i funghi ancora caldi in vasi piuttosto piccoli, pigiateli e copriteli con poco olio crudo. Chiudete ermeticamente i vasi e sterilizzateli per 35 minuti. Lasciateli raffreddare nel liquido poi conservateli in luogo fresco e buio oppure nel freezer. Quando li userete scaldateli a bagnomaria.
N. B. Se utilizzerete i funghi gallinacci (finferli), puliteli, lavateli velocemente, sgocciolateli e fateli asciugare per ora su un telo poi tagliateli a listerelle oppure strappateli in pezzi piccoli.

Dosi occorrenti:
- 2 kg di funghi porcini o altre qualità
- 2 dl di olio
- 3 spicchi d’aglio
- prezzemolo tritato
- sale
- pepe

Funghi essiccati
private i funghi porcini o boleti o russole o altre qualità commestibili, anche mescolati, della parte terrosa e passateli con una pezzuola inumidita (non vanno mai bagnati). Tagliateli a fette sottili, allargateli in un solo strato su un asse ricoperto da un telo o fogli di carta non stampata, ricopriteli con una garza ed esponeteli all’aria e non al sole, rivoltandoli di tanto in tanto fino alla completa essicazione. Ricordatevi di ritirarli alla sera per evitare che l’aria umida della notte li faccia ammuffire. Se siete sfortunati per il tempo non demoralizzatevi: stendete i funghi su una gratella e fateli seccare all’entrata del forno caldo o in forno molto tiepido. Per conservarli racchiudeteli poi in sacchetti di carta o di tela oppure in vasi di vetro.

I tipi di latte in commercio

Il latte che si trova in commercio è esclusivamente di vacca. In caso contrario, secondo la nostre legislazione, il nome dell’animale da cui proviene dev’essere indicato.
Il latte viene consegnato dal produttore allo stabilimento di raccolta dove si provvede a controllarlo e a lavorarlo prima di porlo in commercio.

Poiché nel latte possono essere presenti dei microrganismi infettivi (della tubercolosi, tifo, epatite virale, difterite, colera ecc.) è indispensabile sterilizzarlo prima dell’uso.
Per sterilizzarlo industrialmente, il latte viene riscaldato a 130/150 gradi e tutti i microbi, anche quelli innocui, vengono uccisi. Il latte sterilizzato se tenuto in frigorifero può durare dei mesi, ma una volta aperto il contenitore, deve essere consumato rapidamente; esso è comunemente definito “latte a lunga conservazione”.

Prima di essere sottoposto ai processi di pastorizzazione o sterilizzazione, il latte viene omogeneizzato. I globuli di grasso sono finemente frantumati e uniformemente dispersi, rendendo il latte più saporito e digeribile. Che sulla superficie del latte in commercio non si formi uno strato di panna dipende dalla omogeneizzazione e non è un difetto come si ritiene comunemente.

Il latte parzialmente scremato contiene l’1,5/1,8 per cento di grassi, e quello magro ne contiene lo 0,90 per cento. Questi tipi di latte sono più fluidi, leggermente azzurrognoli e meno dolciastri e hanno un contenuto calorico inferiore (370/400 calorie per litro). Sono indicati per chi debba consumare forti quantità di latte in caso di ulcera, acidità gastrica ecc., per malati di fegato, per chi soffre di disturbi alla cistifellea, nonché nelle diete dimagranti e nell’età senile.

Per una convenzione fra produttori, il latte intero porta sugli involucri le scritte in azzurro, quello parzialmente scremato in rosso-arancio e quello magro in verde.

Esiste poi il latte in polvere che si presenta come una polvere bianco-giallastra, con odore di burro fresco; può essere intero, scremato e mezza crema, è di ottima conservabilità e completamente sterile, ma manca di vitamina C (che però è trascurabile anche nel latte fresco) e, quello scremato, anche di vitamina A.
Il suo valore energetico è molto alto: 190 gr corrispondono a 1 litro di latte fresco. Generalmente per 1 litro di acqua bastano 150 gr di latte in polvere. Così diluito esso deve essere bollito per due o tre minuti e consumano entro due o tre ore. Il latte in polvere è molto buono anche diluito nel succo di arancia. Quello istantaneo si scioglie in acqua calda a 70/80 gradi o, a seconda dei tipi, anche in acqua tiepida o addirittura fredda.
Il latte in polvere scremato viene impiegato anche in cucina per aumentare il contenuto proteico dei cibi.
Il latte condensato, invece, si ottiene riducendo a 1/3 o 1/4 il contenuto dell’acqua; può essere intero o scremato, con o senza l’aggiunta di zucchero. Si presenta come una massa sciropposa, di colore giallo-verdognolo, ma riprende il colore naturale quando viene sciolto nell’acqua. Va consumato subito.
Il latte evaporato è un latte condensato senza zucchero; può essere “intero” o “evaporato a titolo”, a seconda della percentuale di grasso.
Poco conosciuto in Italia è il latte in tavolette, pani o pasticche, che ha le stesse caratteristiche di quello in polvere e viene usato soprattutto nel tè e nel caffè.
Caffè o te, associati al latte, sono ottime bevande che possiedono queste caratteristiche: elevata azione tonica, spiccata proprietà nutritiva, stimolazione del lavoro dell’apparato digerente.

Il latte nell’alimentazione

Poiché, oltre ai costituenti inorganici e alle vitamine, contiene i tre elementi fondamentali (glucidi, lipidi e protidi) in equilibrio armonico, il latte può essere definito un alimento davvero fondamentale.

Un litro di latte equivale a circa 140 g di carne di vitello, più di 45 gr di burro e più di 50 gr di zucchero. Mezzo litro di latte al giorno soddisfa quindi circa il 50 per cento del nostro fabbisogno di proteine animali, il 50/60 per cento di calcio e buona parte dei grassi e delle vitamine.

Il fabbisogno calorico umano varia a seconda dell’età, del sesso, della statura, del tipo di lavoro, del clima ecc. A titolo puramente indicativo si può dire che il fabbisogno calorico giornaliero è il seguente:
- fino a 5 anni 90/100 calorie per ogni kg di peso
- fino a 10 anni 80/90 calorie per ogni kg di peso
- fino a 20 anni 45/70 calorie per ogni kg di peso
- fino a 30 anni e oltre 35/%0 calorie per ogni kg di peso

L’altro elemento indispensabile al nostro organismo è l’acqua: un adulto del peso di 70 kg ne dovrebbe bere dai 2 ai 3 litri al giorno. Anche sotto questo punto di vista il latte risponde in pieno alle nostre esigenze. Il suo contenuto di acqua è dell’87/88 per cento.
Nonostante il latte sia l’alimento più economico, il suo consumo in Italia è molto più basso che in altri paesi. Questo è un grave errore alimentare poiché il latte è consigliato da tutti i medici per tutte le età.

La composizione del latte

“La denominazione di latte, senza indicazione di specie, si applica solo a quello di vacca”. Così ha stabilito il Congresso internazionale a tutela dei consumatori e per la repressione delle frodi, svoltosi a Parigi nel 1909.

Il latte naturale di mungitura ha un colore bianco tendente al giallognolo, un odore simile a quello dell’animale da cui è stato munto e un sapore dolciastro. Queste tre caratteristiche variano a seconda della razza, dell’alimentazione e dell’ambiente in cui l’animale vive. Tali fattori, uniti all’età dell’animale, al numero e all’ora delle mungiture, influiscono anche sulla composizione del latte.

Il lattosio è uno zucchero presente solo nel latte. Sei volte meno dolcificante del saccarosio e in acqua è meno solubile di qualunque altro zucchero. La sua principale caratteristica consiste nel moltiplicare nell’intestino i batteri che producono l’acido lattico, utile all’assorbimento del calcio.

Ai fini commerciali, il componente più importante è il grasso: in base a esso, infatti, il latte viene assegnato alle varie categorie. La percentuale media di grasso è di circa il 3,5 per cento. Nel latte, il grasso è già in emulsione, e ciò lo rende altamente digeribile.

Le principali proteine del latte sono la caseina e la lattoalbumina, entrambe di alto valore alimentare perché ricche di aminoacidi che non possono essere prodotti direttamente dal nostro organismo.

Tra le sostanze minerali contenute nel latte – calcio, fosforo, ferro, potassio, magnesio, cloro, sodio – il calcio e il fosforo sono particolarmente importanti per la formazione e lo sviluppo delle ossa e per un normale svolgimento delle funzioni vitali.

Il latte contiene anche molte vitamine. Infine nel latte sono presenti, oltre agli ormoni (ipofisari, surrenali ecc.), anche diversi anticorpi.

Le cotture dei funghi

I funghi si possono cuocere in tanti modi, ma vi sono cotture classiche da conoscere bene: vediamole quindi insieme.

A vapore
questa cottura è particolarmente indicata ai funghi perché ne conserva tutto il sapore inalterato e non li imbeve né di condimento né di liquidi: potrete usare per questa cottura dei chiodini, degli champignons, dei gallinacci, delle spugnole, e userete questo sistema: mettete i funghi nel cestello o sulla griglia apposita, poi introduceteli nella pentola a pressione, con tre dita di acqua sul fondo della pentola. Chiudete la pentola, che andrà subito in pressione visto che contiene poca acqua: cuocete per 7-8 minuti a partire dal fischio, poi alzate la valvola della pentola con una forchetta, lasciate che il vapore fuoriesca… e i vostri funghi saranno cotti alla perfezione: potrete condirli con olio e limone o burro fuso con o senza prezzemolo.

Alla griglia
anche questo sistema di cottura consente di mantenere inalterato il sapore dei funghi e di avere una preparazione al massimo della leggerezza, quindi più digeribile! Salate e pepate le cappelle dei funghi, poi ungetele di olio: scaldate il grill del forno o una bella piastra piatta, oppure scaldate la griglia del barbecue. Quando la griglia è ben calda, ponetevi sopra le cappelle di funghi per pochi minuti, voltatele e quando sono cotte… servitele subito!

Al cartoccio
questo è un modo facile di cuocere i funghi, ed è molto elegante e di figura. Avvolgete i funghi crudi e cotti, a seconda della ricetta, unendo i condimenti previsti, in un bel foglio di alluminio. Cuocete in forno o alla brace, regolandovi per i tempi come indicato dalla ricetta. Li porterete in tavola ancora avvolti nella carta metallizzata, e sarà un piacere aprire la preparazione in tavola facendone sprigionare lo squisito aroma!

Gratinati
è un modo di cuocere che ha due vantaggi: rende molto e si presenta in modo elegantissimo. Coprite i funghi precedentemente cotti, con panna o béchamel, spolverizzate di pangrattato, poi passate il recipiente in forno caldo fino ad avere in superficie una bella crostina dorata. Tempo di cottura circa 20 minuti.

Saltati in padella
anche questa preparazione è gustosissima: rosolate i funghi affettati o tagliati a dadi con olio o burro o con il condimento che preferite e che vi viene indicato dalla ricetta. Portate a calore vivo per far asciugare l’acqua che i funghi cedono, poi abbassate la fiamma per proseguire la cottura. Devono cuocere lentamente, e ogni tanto vanno mescolati.

Trifolati
anche questo modo di cuocere i funghi è veramente squisito: ma vi è un segreto. Affettate i funghi e fateli rosolare come per la preparazione dei funghi saltati in padella: poi quando abbassate la fiamma, unite un pochino di brodo di dado o un po’ di acqua calda, per tenerli morbidi, altrimenti seccheranno troppo. Aggiungete sale, pepe, proseguite con la cottura e prima di toglierli dal fuoco cospargeteli con il prezzemolo tritato. Infatti se metterete il prezzemolo fin dall’inizio avrete la possibilità di avere funghi amari: in questo modo invece essi risultano morbidi e dolcissimi! Facoltativo, anche la ricetta lo prevede, rosolate il condimento con l’aglio e poi togliete lo spicchio.

Fritti
i funghi sono squisiti fritti se sono grossi tagliate le cappelle in senso orizzontale, perché se sono troppo spesse non cuoceranno bene: fate delle belle fette uniformi di fungo, poi passatele a piacere in sola farina, o nell’uovo battuto e poi nel pangrattato, oppure in una buona pastella: scaldate bene il condimento nella padella dei fritti o nella friggitrice, poi gettate man mano i vostri funghi, e fateli cuocere finché sono ben dorati. Se usate la padella li dovrete rivoltare, se usate la friggitrice, dove vi è molto più condimento, non occorrerà voltare le fette: fateli poi sgocciolare su una carta che ne imbeva l’unto eccedente e serviteli ben caldi.

Attenzione ai funghi coltivati (champignons)
ecco un segreto di cottura o di pre-cottura che si riferisce ai funghi coltivati, gli champignons: togliete prima di tutto la parte dura e terrosa dei funghi e lavateli bene in acqua fredda e corrente.
Sgocciolateli e scottateli per tre minuti in acqua bollente e salata, acidulata con poco succo di limone e condita leggermente con una noce di burro. Sgocciolati dopo i tre minuti li potrete usare subito per la ricetta che avete scelto, proseguendo subito la cottura. Se invece li volete conservare per qualche giorno in frigorifero, senza che si rovinino, metteteli in un vasetto con la loro acqua di precottura, dalla quale li toglierete man mano che vi servono.

Glassatura
questo tipo di cottura serve per preparare le cappelline dei funghi che vi serviranno per guarnire: li userete per decorare un bel purè di patate messo a corona su un piatto, per decorare dei tournedos, dei filetti di pesce… insomma, per tante e tante decorazioni di piatti. Non pelate la cappellina del fungo ma incidetela: quando le cappelline sono tutte incise, fatele insaporire nel burro, senza farle rosolare. Poi copritele a filo con dell’acqua, in modo che siano appena coperte e non ci navighino. Unite un pizzico di sale e fate cuocere adagio: se vedete che l’acqua diminuisce troppo, unitene ancora un po’, poco alla volta e con un cucchiaio. Cuocete piano a fiamma bassa, fin quando l’acqua è consumata e le cappelline risultano dorate e leggermente lucide. Poi raccoglietele, sgocciolatele… e sono pronte per le decorazioni.

I legumi

Anche i legumi, specie se secchi, richiedono particolari cure per la cottura.

Fin dalla sera precedente vanno lasciati immersi in abbondante acqua fredda con l’aggiunta di una puntina di bicarbonato di sodio che, eliminando l’effetto dei sali contenuti nell’acqua, permetterà un rapido processo di intenerimento della buccia.

Il sale va aggiunto solo a fine cottura. Per renderli più morbidi, si potrà unire all’acqua una cucchiaiata di olio.

Tutti i legumi si lasceranno nella loro acqua di bollitura fino al momento di utilizzarli perché la buccia rimarrà più morbida.

Le uova

Per valutarne la freschezza esistono solo dei metodi empirici, ma abbastanza sicuri. Guardandole contro luce se sono freschissime il volume della camera d’aria è più ristretto. Provando poi ad immergerle in un litro di acqua salata con un pugno di sale grosso: se sono fresche precipitano sul fondo, se di media freschezza restano a mezz’acqua, se poi hanno più di un mese vengono a galla.

Per una maggior sicurezza è sempre bene comunque romperle prima in un piattino e osservare attentamente il tuorlo che deve essere ben gonfio e convesso e l’albume elastico.

Prima di essere cucinate vanno tolte dal frigorifero con un certo anticipo, due o tre ore prima, perché a temperatura ambiente si lavorano meglio.

Per preparare non solo una buona, ma anche una bella frittata le uova vanno sbattute non troppo a lungo perché la schiuma, contrariamente a quanto si pensa, appesantisce la frittata e vanno versate nel condimento bollente. Per non farla attaccare basta far scendere sui bordi un filo di burro fuso o un goccio di olio e scuotere la padella.

Per l’uovo alla coque si pone l’uovo, pulito e con il guscio intatto, in una casseruolina contenente acqua in ebollizione e lo si lascia bollire, dall’inizio dell’ebollizione, per 3 minuti e non di più: il tuorlo deve apparire ancora fluido e l’albume appena rappreso. Per evitare poi che a contatto dell’acqua in ebollizione si rompa, si potrà aggiungere un po’ di sale.

Per quello all’occhio di bue si frigge una nocciolina di burro in un tegamino e lo si lascia leggermente soffriggere, quindi vi si versa l’uovo, si sala poco l’albume e lo si lascia rapprendere un po’ badando che rimanga morbido.

Per l’uovo fritto, in apparenza simile a quello all’occhio di bue, il sistema di cottura è ancora diverso: si rompe prima l’uovo in un piattino, lo si fa scivolare in un tegamino dove frigge abbondante burro. Con l’aiuto poi di un cucchiaio, si porta immediatamente l’albume intorno al tuorlo in modo che questo vi rimanga ben racchiuso.

L’uovo strapazzato è un uovo cotto nel burro e rotto con la forchetta appena comincia a rapprendersi, presentandosi così come una crema densa. E’ importantissimo toglierlo dal fuoco ancora molto morbido per servirlo in tavola al giusto punto di cottura.

E che dire dell’uovo affogato o uovo in camicia, alludendo al bianco velo che lo riveste costituito dall’albume rappreso sul tuorlo? Una vera delicatezza da servire su delle fette di pane imburrate o come guarnizione a piatti di verdura. Per prepararlo si fa scaldare dell’acqua con qualche pizzico di sale e una cucchiaiata di aceto per ogni litro di liquido. Quando l’acqua sarà sul punto di bollire si rompo l’uovo in un piattino e lo si fa scivolare nell’acqua badando che l’ebollizione sia quasi insensibile: dopo tre minuti l’albume si sarà solidificato attorno al tuorlo che dovrà invece rimanere ancora liquido.

Zucca e zucchina

ZUCCA (GEN. CUCURBITA)

Dalla zucca comune, derivano le nostre zucchette o zucchine dette anche zucchette pasticcine. Sono presenti sul mercato quasi tutto l’anno. La conservazione delle zucchine dovrebbe avvenire durante il raccolto migliore: giugno, luglio e agosto. Si prestano anche alla surgelazione.

Con i termini zucche e zucchine sono designati i frutti eduli di 3 specie: Cucurbita maxima (a frutto grosso); Cucurbita moschata (popone); Cucurbita pepo (comune o da zucchini).

Famiglia
Cucurbitacee

Aspetto
Piante erbacee annue, a fusto rampicante o strisciante, con rami cilindrici, cavi, ruvidi per la presenza di deboli peli e provvisti di viticci

Foglie
Ampie, ispide di peli, palmato-lobate

Fiori
Unisessuali, solitari all’ascella delle foglie, gialli

Frutti
Peponidi di forma, colore, dimensioni variabili nelle differenti specie e varietà

Utilizzazione
Piante orticole di cui si consumano principalmente i frutti (anche i fiori sono commestibili)

Varietà
Tra quelle della Cucurbita maxima ricordiamo: var. turbantiformis, con frutto a turbante; var. messanensis, con frutto solcato; var. farinae, con frutto rotondo. Tra le varietà di Cucurbita pepo: var. Italica, a frutto piccolo e corrispondente alla comune zucchina; var. oblunga ecc.

Il dessert

Il lievito di birra o in polvere da aggiungere alle torte deve essere freschissimo. Per quello in polvere fare prima la prova sciogliendolo in una cucchiaiata di latte o di vino: così dovrà formare una schiumetta. Prima di unirli ai composti vanno stemperati con un po’ di liquido non troppo freddo, meglio se appena intiepidito.

Il forno è bene sia acceso con un certo anticipo per averlo alla giusta temperatura indicata nella ricetta al momento di infornare il dolce.
Se il forno non porta sul termostato l’indicazione esatta dei gradi non resta che fare prima delle prove e annotare poi le temperature.

Le crostate e le torte a base di frutta vanno lasciate per qualche tempo nello stampo a raffreddare prima di esser sformate su un piatto.

Per la cottura delle creme si dovrà invece usare preferibilmente il “polso-netto”, un recipiente in rame non stagnato con fondo rotondo, fornito di un lungo manico, ottimo distributore di calore.

Le verdure

L’insalata è appassita? Basta metterla in una catinella con abbondante acqua e cubetti di ghiaccio: riacquisterà subito la sua freschezza.
Per una perfetta pulizia si consiglia di mantenerla per un certo tempo in acqua con l’aggiunta di qualche pizzico di bicarbonato (un cucchiaino per mezzo chilo di insalata).

Le verdure a foglia: erbette, spinaci, coste conserveranno il loro bel colore brillante facendole cuocere in acqua con l’aggiunta di sale e mantenendo la casseruola scoperta.

I fagiolini verdi non sbiadiranno se ci si ricorderà di immergerli in acqua bollente salata (non fredda) con l’aggiunta eventualmente di un pizzico di bicarbonato di sodio, conducendo poi la cottura a recipiente scoperto.

Le cipolle fanno “piangere”: per questo è bene affettarle sotto il filo dell’acqua corrente, oppure tagliarle dopo aver infilato sulla punta del coltello una palla di mollica di pane.
Esiste anche un metodo empirico, ma efficace, anche se vi fa sorridere tenere in bocca un goccio d’acqua e cercare di non inghiottirlo.
Per evitare poi che si spappolino durante la cottura è consigliabile praticare una piccola incisione a croce alla base. Per attenuarne il sapore acre basta aggiungere un cucchiaino di zucchero all’acqua di cottura, oppure tenerle a bagno, dopo averle affettate, in abbondante acqua fredda per qualche ora cambiandola spesso.
L’acqua dolce della lessatura, ricca di preziosi sali minerali, non andrebbe buttata ma utilizzata per preparare minestre, zuppe e creme di verdura.

L’aglio è buono, ma a distanza di tempo lascia il segno! Per questo lo si può aggiungere ai cibi ma con discrezione. Ma come? Strofinando le pareti dell’insalatiera, nel caso si voglia unire ad una insalata di tonno o di crudità; o lasciandolo a bagno secondo l’uso meridionale nell’olio che servirà per cucinare. E, come ultimo rimedio, si sgranocchi alla fine del pasto due chicchi di caffè o si mastichi qualche foglia di prezzemolo.
Se gli spicchi lasciano intravedere un piccolo germoglio verde è bene aprirli ed eliminarlo.

Funghi, carciofi e radici di cicoria appena tagliati diventano subito neri. Per questo vanno tenuti immersi in acqua e succo di limone nella prima fase della pulitura e poi lessati in acqua con l’aggiunta di mollica di pane e un grosso pizzico di farina bianca.

Il cavolfiore durante la cottura sprigiona un odore sgradevole. Si ponga allora sulla pentola un pezzo di pane raffermo avvolto in un pezzo di tela, oppure imbevuto d’aceto.

Le patate si cuociono mettendole al fuoco in acqua fredda salata senza sbucciarle per evitare che si disperda il prezioso amido.
Se destinate alla preparazione di un purè si devono schiacciare non attraverso il passaverdure, perché così si “incollano”, ma con lo schiacciapatate e mentre sono ancora bollenti.
Se invece si devono friggere è bene mantenerle immerse in acqua fredda fino al momento di usarle ricordandosi però di asciugarle molto bene.

Il pomodoro non pone problemi di nessun genere. Basterà solo ricordare che, per sbucciarlo facilmente, bisogna immergerlo per un attimo in acqua bollente e poi in acqua fredda.

Le verdure in genere vanno lavate in abbondante acqua con l’aggiunta sempre di un pizzico di bicarbonato che aiuta a far precipitare terriccio ed altri corpi estranei e a sterilizzarle.
Vanno poi scolate rapidamente perché una sosta troppo lunga in acqua le impoverisce di sali minerali.

Le insalate a foglia, in particolare, non vanno mai strizzate tra le mani per non ammaccarle e vanno poste in insalatiere capaci e profonde per poterle rigirare meglio nel condimento.
Vanno condite solo pochi minuti prima di servirle in tavola per evitare che cuociano nel condimento, tenendo presente di emulsionare prima bene insieme olio, sale ed eventualmente aceto o limone.

I fritti

Qui non ci sono trucchi se non alcuni accorgimenti sull’uso dell’olio per friggere. Oggi la scelta cade sull’olio d’oliva piuttosto che su quello di semi perché si è dimostrato più adatto per una buona frittura. Ma, se proprio si vuole insistere con l’olio di semi, è opportuno sceglierlo di un solo seme come quello di mais o di girasole.

Prima di friggere carne o pesce accertarsi del grado di calore dell’olio immergendo un pezzetto di mollica di pane: dovrà acquistare immediatamente un leggero colore biondo.

E’ bene scegliere per questo tipo di cottura l’apposita padella dei fritti e cuocere i pezzi, soprattutto se sono tanti, in più riprese attendendo che l’olio si riscaldi di nuovo prima di immergerveli. I pesci piccoli, la cosiddetta frittura, vanno raccolti in un sacchetto contenente farina bianca provvedendo poi a scuoterlo per infarinarli uniformemente; se il pesce è di grosse dimensioni si può procedere allo stesso modo tenendo fuori del sacchetto la coda.

I frutti di mare come cozze, vongole, arselle, telline ecc. vanno aggiunti ad un sugo o alla zuppa di pesce all’ultimo momento per evitare che diventino duri e “gommosi”.

Il limone

Prima di essere usato va accuratamente lavato, sia che si sprema, sia che se ne utilizzi la scorza. Per sfruttarne al massimo il succo è consigliabile, prima di tagliarlo, rotolarlo leggermente sotto il palmo della mano su una superficie piana in modo da “rompere” la polpa e facilitare la fuoriuscita del succo.

Sappiamo tutti che, una volta tagliato, rinsecchisce; per isolarlo dall’aria applicare una pellicola  trasparente sulla polpa o capovolgerlo su un piattino.

Il riso

Si dice che per ogni piatto c’è il riso giusto, in fatti non tutti i risi sono uguali e la loro diversità è importante per l’uso che se ne deve fare. Comunque, tanto per non fare confusione, dobbiamo premettere che certi tipi di riso possono essere indicati anche per più preparazioni.

Ed ora vediamo insieme le qualità più indicate per i nostri piatti. Opteremo per un riso a media consistenza amidacea che assorba i condimenti come l’Arborio, il Maratelli, il Vialone, il Carnaroli, il Vialone nano, il Rizzotto per i risotti; per un riso superfino povero di amidi che assorba poco liquido per il riso bollito come il Carnaroli; per un riso a chicchi particolarmente resistenti alla cottura e quindi indicati per avere chicchi integri e ben sgranati per il pilaf, i timballi e le insalate di riso come il Parboiled.
Per i dolci di riso invece potremo usare un riso comune.

Premesso questo è bene ricordare che il riso non va mai lavato prima della cottura, fatta eccezione per certe preparazioni e va sempre cotto in abbondante acqua, a recipiente scoperto e a fuoco vivace; una sola eccezione per il pilaf che richiede una cottura in forno. Un buon risotto dovrà essere tolto dal fuoco, come si suol dire, ancora “all’onda” ovvero con un velo di brodo sulla superficie che verrà poi assorbito immediatamente dal riso stesso nel tempo di servirlo in tavola.

Ragù, sughi e salse

Se il sugo è riuscito troppo lungo e acquoso basta addensarlo con un po’ di farina bianca (un cucchiaino o due a seconda della quantità del sugo) impastata con una noce di burro: si scioglierà immediatamente ispessendolo.

Se la salsa di pomodoro ha un sapore acre (non tutti i pomodori si acquistano completamente maturi o sono maturi solo in apparenza) è sufficiente aggiungere un cucchiaino di zucchero semolato, o qualche cucchiaiata di panna da cucina, e la salsa è salva.

Certe salse si possono anche preparare in anticipo facendovi risparmiare prezioso tempo in cucina, ma come mantenerle calde? Immergendo la casseruola a bagnomaria su fuoco bassissimo.

Per fare la besciamella secondo le giuste regole, occorre seguire alcuni particolari accorgimenti.
Spesso riesce con i grumi, forse perché ci si è dimenticati che il latte va aggiunto bollente e a piccolissime dosi (poche cucchiaiate) all’inizio, al momento di incorporarlo al miscuglio di burro e farina e poi, poco alla volta, mescolando in continuazione con un cucchiaio di legno o con una frusta. La salsa va portata quindi lentamente a ebollizione su fuoco molto basso o a bagnomaria senza smettere di mescolare.

Vite

VITE (VITIS VINIFERA)

Le foglie di vite da conservare si staccano dai tralci quando sono ancora tenere, badando però di non staccarne troppe su una stessa pianta. Devono essere sane e non trattate con anticrittogamici. Con le foglie di vite si possono preparare diversi piatti gustosi.

Famiglia
Vitacee

Origine
Area mediterranea

Aspetto
Arbusto sarmentoso capace di arrampicarsi, mediante cirri o viticci, a sostegni senza i quali ha portamento prostrato. Il fusto è riccamente ramificato ed è rivestito, come i rami più vecchi, da una corteccia che si screpola e si stacca facilmente. I cirri, che sono opposti alle foglie, possono essere semplici, ma per lo più sono bifidi

Foglie
Si inseriscono sui rami giovani (tralci) e sono dette pampini. Hanno picciolo più o meno lungo e lamina di forma e dimensioni diverse, secondo le varietà (generalmente è dentata, intera o divisa in 3-5 lobi)

Fiori
Piccoli, di colore verdastro, raramente giallino, con calice a forma di coppa a 5 dentelli e corolla costituita da 5 petali aderenti per gli apici, a foggia di cuffia campanulata. Sono disposti in infiorescenze a pannocchia

Frutti
Bacche di colore, forma e dimensioni variabili

Il pesce

Al momento dell’acquisto è opportuno esaminarne attentamente l’aspetto attraverso alcune caratteristiche essenziali. Deve avere carne soda e consistente, squame brillanti e compatte e ben aderenti al corpo, branchie di un colore rosso vivo, pinna della coda rigida, occhio vivo, lucido e sporgente e non deve avere odore di ammoniaca.

Per una giusta lessatura è d’obbligo preparare anzitempo un brodetto, il cosiddetto court-bouillon, composto generalmente di acqua e vino bianco o acqua e aceto con l’aggiunta di carota, sedano, cipolla, succo di limone, pepe in grani, sale grosso ed erbe aromatiche. In questo liquido, bollito e raffreddato, verrà collocato il pesce e portato a cottura a fuoco lentissimo in modo che l’acqua sobbolla adagio adagio.

Per la cottura arrosto è consigliabile lasciar marinare il pesce in una salsetta di olio, limone ed erbe aromatiche e inciderlo con leggeri tagli per evitare che, cuocendo, si spacchi.

Per la cottura alla griglia lasciarlo marinare come già detto, adagiarlo sulla griglia ben calda e pennellarlo con l’olio stesso della marinata.

Per la frittura occorre usare abbondante olio e assicurarsi che sia ben caldo, non bollente (controllarne il grado di calore immergendovi un pezzetto di pane: dovrà sfrigolare subito lievemente); friggere i pesci pochi per volta, per non abbassare la temperatura dell’olio.

E infine per la cottura al cartoccio, condire pochissimo il pesce, cospargerlo poi abbondantemente con erbe aromatiche, avvolgerlo in un foglio di carta oleata pesante o d’alluminio, sigillare perfettamente il cartoccio per imprigionare i profumi e metterlo in forno a 180°. Servirlo ancora chiuso e ben gonfio.

Verza

VERZA O CAVOLO VERZOTTO (BRASSICA OLERACEA VAR. SABAUDA)

Si distingue dagli altri cavoli, perché presenta foglie grandi, di colore verde scuro, molto raggrinzite e una testa di forma tondeggiante con foglie sovrapposte le une alle altre. Le verze migliori sono quelle dalla testa dura, compatta e pesante.

Famiglia
Crocifere

Origine
Europa o Medio Oriente

Aspetto
Come tutte le varietà coltivate di cavolo di cui si utilizzano le foglie, è una pianta erbacea con rosetta basale dalla quale si erge lo scapo fiorale

Foglie
I cavoli verza presentano esternamente una corona di grandi foglie molto raggrinzite e costolute, di colore piuttosto scuro e all’interno una testa tondeggiante costituita da numerose altre foglie, ammassate le une sulle altre con colore variante dal verde chiaro al bianco

Fiori
Di colore giallo

Frutti
Silique

Utilizzazione
Se ne utilizzano le foglie in insalate, minestre, pietanze, o per preparare i crauti

Varietà
Sono note numerose cultivar orticole che vengono per lo più designate con il nome della località di origine oppure del luogo dove la coltivazione è più abbondante

La batteria da cucina

Una buona attrezzatura è indispensabile perché in cucina tutto funzioni bene e ogni lavoro sia così semplificato.
Per fare una scelta giusta è opportuno limitarsi ad un corredo di base che permetta di affrontare ogni necessità senza trovarsi all’ultimo momento in serio imbarazzo per dimenticanze dovute all’inesperienza, ma senza nemmeno fare acquisti superflui dettati dall’euforia del momento.

Meglio poche cose, ma scelte bene.

Per la batteria da cucina è bene evitare un’accozzaglia di materiali e linee diverse e orientare la scelta su pezzi in acciaio inossidabile e a doppio fondo (anche in rame) che permettano una cottura rapida ed efficiente.
Accanto ad una serie di pentole, casseruole, tegami di differenti misure, troveranno posto la pescera, la brasiera ed anche la pentola a pressione, un oggetto per molti non indispensabile, ma certamente utilissimo per cucinare zuppe, risotti, verdure e brasati. Niente più sorveglianza, niente rimescolature frequenti e aggiunte di liquidi, ma solo attenzione nel dosarli e nello spegnere il fuoco al momento giusto.
La cottura a pressione permette inoltre di preparare in tempi ridottissimi succulenti manicaretti e pietanze ricche di profumi e di sapore. L’unica eccezione è per l’arrosto che, cotto in pentola a pressione, rimane molto umido, quasi un “arrosto morto”.
Il bollito, il brasato, lo spezzatino, invece, se ben dosati nei liquidi, riusciranno benissimo.

Oltre alla pentola a pressione è utilissimo il cuociverdure a vapore. Si tratta di un utensile utile a chi voglia, lessando qualsiasi verdura, mantenere intatta la loro fragranza, il sapore, il colore, ma soprattutto le sostanze nutritive: infatti gli ortaggi, fonte preziosissima di vitamine e sali minerali, perdono buona parte dei loro elementi benefici quando vengono lessati. Il più pratico è quello formato da un comune recipiente provvisto, a parte, di un cestello forato; le palette laterali mobili, fissate attorno ad un corpo centrale fisso, muovendosi si adattano perfettamente alla forma del recipiente consentendo alle verdure di non toccare l’acqua sottostante in continua ebollizione.

La padella di ferro è ancora il recipiente più usato per i fritti, affiancata da schiumarole e palette. Oggi però ci si può orientare su un recipiente di acciaio inossidabile fornito di cestello a due manici che permette di scolare in una sola volta il fritto e di ottenere una frittura croccante e leggera.

Anche il padellino per le crêpes deve essere di ferro e deve avere un diametro da 12 a 15 cm.

In una cucina ben attrezzata non dovranno mancare alcune pirofile in vetro o ceramica da fuoco. Per paste al forno dare la preferenza a quelle ovali, rettangolari o quadrate a bordi bassi e senza coperchio; per arrosti più indicate sono quelle ovali a bordi alti corredate da relativo coperchio. Sotto ai recipienti di questo tipo, adibiti alla cottura sulla fiamma, si dovrà porre uno spartifiamma affinché la cottura avvenga con più regolarità e il recipiente non si rompa. Per brasati e umidi è bene scegliere, a seconda dei tagli di carne, quelli rotondi o ovali, sempre a bordi alti e forniti di coperchio.

Fra gli stampi per dolci i pezzi indispensabili sono: la tortiera possibilmente fornita di gancio laterale, lo stampo per crostate a pareti molto basse, quello rotondo a pareti molto alte diritte o scannellate senza manici per la cottura del soufflé dolce o salato, ma anche per preparare charlottes o semifreddi vari.

Tra i piccoli elettrodomestici è bene acquistarne uno solo ma tuttofare che vi aiuti a tritare, sminuzzare, affettare, emulsionare, sbattere, che si riveli, insomma, un vero amico in cucina.

Il frigorifero

Se avete un capace freezer o, meglio, un congelatore acquistate alcune confezioni di verdure assortite surgelate (fagiolini verdi, cuori di carciofo, piselli, spinaci ed erbette, cime di cavolfiore ecc.); verdure per minestrone; diverse qualità di pesce surgelato intero o sotto forma di filetti; alcune scatole di prodotti precucinati per risolvere in fretta il problema dell’ultimo momento; alcune confezioni di pasta frolla e pasta sfoglia: potreste non avere il tempo per prepararla.

Rifornitevi di scatole di frutta di bosco surgelata o semplicemente zuccherata come fragole, lamponi, mirtilli, more: i frutti saranno preziosi per improvvisare coppe di macedonia. Anche del gelato assortito di crema o di frutta già pronto e conservato sotto zero nel congelatore può tornarvi utile per servire in tavola in pochi minuti dei fantasiosi e golosi desserts.

Le scorte

Oltre a quelle di base inventiamo qualcosa di diverso.
Se avete tempo preparate con un certo anticipo alcune appetitose salse e tante altre piccole cose da conservare in dispensa o in frigorifero.

Pasta di olive: frullate insieme olive verdi, capperi sott’aceto, cetriolini, carciofini e affogate il tutto in abbondante olio; conservatele in un vasetto a perfetta chiusura ermetica. La salsa vi tornerà preziosa per insaporire carni cucinate alla pizzaiola e per completare pizze.

Pesto: frullate o pestate nel mortaio abbondanti foglie di basilico freschissimo con spicchi di aglio, pinoli, pecorino sardo o parmigiano aggiungendo un po’ di olio. Diluite poi il tutto con abbondante olio d’oliva, versate in un vasetto a chiusura ermetica e conservate in frigorifero anche per un mese.

Pasta di acciughe: tritate o frullate insieme filetti d’acciuga dissalati, capperi, peperoni sott’olio, sott’aceto e diluite con abbondante olio.
Conservate in vasetti in frigorifero o in dispensa. La pasta è adatta per tutto: dagli antipasti, alle pastasciutte, dalle carni, ai pesci e alle verdure.

Oli aromatizzati: tenete in dispensa anche una serie di bottigliette contenenti ottimo olio extravergine di oliva che aromatizzerete voi con erbe aromatiche. In una potrete infilare un rametto di rosmarino e filetti di aglio; nell’altra foglioline di erba salvia, granelli di alloro e di pepe; in un’altra ancora potrete mettere foglie di alloro, peperoncini rossi piccanti e chiodi di garofano. Tutti questi oli torneranno preziosi per cucinare qualsiasi cibo: dalla carne al pesce, dalle verdure alle uova. Ma sono assai apprezzati anche per condire pastasciutte e insalate fredde estive.

Prezzemolo e basilico sott’olio: in stagione tritatene un certo quantitativo, naturalmente dopo averlo mondato, lavato e asciugato molto bene all’aria, con qualche spicchio di aglio; mettete poi il trito in un vasetto, copritelo con abbondante olio, fino all’orlo, qualche pizzico di sale e conservatelo nella portiera del frigorifero: vi tornerà prezioso per insaporire carni, pesci, verdure e uova. L’olio stesso aromatizzato potrà servirvi inoltre per preparare o completare gustose salse calde e fredde, adatte anche per condire pastasciutte. Allo stesso modo potrete conservare altre erbe: rosmarino, salvia, cerfoglio, dragoncello, timo e scalogno.

Prezzemolo sotto zero: lavate, asciugate prima in un telo e poi all’aria dei rametti freschissimi di prezzemolo; avvolgeteli poi, interi o tritati, in foglietti d’alluminio e accartocciateli ermeticamente. Conservateli nel congelatore anche per 6 mesi e, al momento di utilizzare l’erba aromatica, battete il cartoccio con un pestello: il prezzemolo si sbriciolerà subito.

La dispensa

Una scelta accurata per approvvigionare la dispensa e il frigorifero presuppone buona organizzazione e intuito nel fare gli acquisti giusti, tali da risolvere in cucina ogni problema, anche quello dell’ultimo momento.

Non devono perciò mai mancare alcune provviste di base che possono conservarsi in perfette condizioni anche per un certo tempo.

Accanto ad alcune scatole di pasta secca di formato corto e lungo troverà posto il vaso del riso (si consiglia il vaso perché sarebbe opportuno travasarne un paio di scatole in un contenitore a perfetta chiusura ermetica); scatolame vario: pomodori pelati e polpa di pomodoro; verdure conservate al naturale (come piselli, fagiolini, legumi diversi); alcune scatole di tonno sott’olio e al naturale; filetti d’acciuga, sardine e sgombri sott’olio; alcuni vasetti di sottaceti vari.

Una scelta accurata va poi fatta per le salse in vasetti o in tubetti, utilissime per ravvivare i sapori dei cibi. Alcune di queste, di provenienza internazionale, sono ormai largamente utilizzare anche nella nostra cucina.
La più nota fra queste è la maionese, per le sue infinite utilizzazioni: guarnisce tartine per aperitivi e per antipasti, condisce carni, pesce, uova, verdure corte e crude ed è l’elemento legante per farcire pomodori, peperoni, cetrioli ecc. La stessa può essere poi personalizzata con aggiunte di prezzemolo, senape, tonno, salmone, capperi e radice di rafano grattugiata.

C’è poi la salsa rémoulade (maionese unita a zucchero, spezie ed erbe aromatiche) che si addice a carni lessate e arrostite, a pesci lessi e fritti.
Per ravvivare il sapore di carni sempre lessate e arrostite, uova o verdure è ottimo il tomato ketchup, dolce-piccante, anche nella versione al curry.

Il tabasco, anche se non conosciutissimo, risulta sempre un condimento piccantissimo a base di peperone rosso, essenziale nelle laboriose preparazioni di quella che si vuol definire una cucina di classe.

Un altro condimento completo che non deve mai mancare è la salsa concentrata di pomodoro che, aggiunta ad un soffritto di verdurine miste, ci permette di preparare appetitosi sughi. Da non dimenticare anche la worcester, una salsa molto piccante con un vago sapore di acciughe a base di aceto di vino, melassa, filetti d’acciuga, scalogno, salsa di soia, spezie e aromi vari, adatta un po’ per tutte le pietanze, ma soprattutto per dare “vivezza” ai sughi di pomodoro e a molte salse per pastasciutta.

Alla pari delle salse pronte, per praticità e per preparazioni raffinate, ci sono poi le paste in tubetti come la pasta d’acciuga, di salmone, di oliva, il paté di fegato, di prosciutto, di aringa, utili per guarnire tartine, toast e antipasti vari.

Non dovranno mancare alcune scatole di zucchero semolato, una di zucchero in zollette e al velo; farina bianca, senza però eccedere perché con il tempo perde “forza” e freschezza; alcuni tubetti di latte condensato zuccherato nel caso mancasse il solito litro di latte fresco, caffè, tè e bustine di tisane.

Procurate che non manchi in dispensa dell’ottimo olio extravergine d’oliva e qualche lattina di olio di mais o di girasole; una bottiglietta di ottimo aceto di vino e una di aceto aromatico per condire le insalate e per conferire loro un sapore nuovo, inconsueto, più appetitoso e stimolante.

I dadi, quelle preziose tavolette così utili per preparare brodi e minestre, ma anche per insaporire le carni, il pesce, le uova, le verdure cotte e persino i sughi per pastasciutte, devono essere sempre presenti in abbondanza.

Spesso il segreto del successo di certe carni e di certi dolci viene proprio dagli aromi sia dolci sia piccanti, per questo non dimenticate di tenere nell’armadietto anche il vasetto dei chiodi di garofano, quelli del pepe bianco e nero, della cannella in polvere e in stecca, del ginepro e della noce moscata.

La pasta

Il segreto per ottenere un buon piatto di pastasciutta non dipende solo dal sugo, ma in gran parte dalla cottura e, naturalmente, da una buona pasta. Un momento in più, infatti, può essere fatale. Occhio dunque non solo all’orologio, ma alla quantità d’acqua che deve essere di circa 1 libtro per ogni 100 gr di pasta e al sale grosso che va aggiunto, nella proporzione di un cucchiaino (10-12 gr) per ogni litro di acqua, al momento in cui bolle.

Anche la pentola poi ha la sua importanza: deve essere a fondo largo, con bordi non troppo alti e abbastanza capace in modo che il calore si diffonda più rapidamente e la pasta, una volta “buttata”, riprenda subito il bollore.

La pasta deve essere buttata quando l’acqua bolle vivacemente e rimescolata immediatamente con un forchettone o un cucchiaione di legno, in maniera che non si aggrumi. Aggiungere poi all’acqua di cottura eventualmente, se la pasta è fresca e lunga, un filo di olio per evitare che si incolli.
E’ bene condurre la cottura a pentola scoperta e a fiamma vivace.

Per il tempo non è possibile dare delle regole precise perché può dipendere dalla qualità della pasta e dal formato; per questo è sempre bene assaggiarla di tanto in tanto in modo da scolarla al dente.

Per ogni porzione media si calcolano dagli 80 ai 100 gr a persona di pasta secca.
Talvolta è opportuno conservare qualche cucchiaiata della stessa acqua nel caso si voglia condire la pasta con “salse bianche” a base di formaggio o con crema di latte: servirà, aggiunta in piccole dosi, per rendere la pastasciutta più vellutata.

Per quanto riguarda la pasta al forno è assolutamente necessario scolarla molto più al dente e accendere il forno con un certo anticipo per farla gratinare.

E, a questo punto, per condire ci domandiamo: prima il sugo o il formaggio? Una disputa che dura da parecchio tempo e su cui non tutti i gastronomi sono d’accordo.
Il nostro suggerimento è quello di condirla, appena scolata, con una noce di burro crudo o un filo di olio per fare in modo che non si incolli e poi con il sugo perché il formaggio, fondendosi, impedisce alla pasta di “prendere” meglio il sugo.

Tartufo

TARTUFO (GEN. TUBER)

Vi sono sei specie di tartufi mangerecci e commerciali. Inoltre, in Italia, si stanno diffondendo colture artificiali. Quando si acquistano devono essere spazzolati, interi, sani, maturi e di peso superiore ai cinque grammi.

Con il nome di tartufi si designano i corpi fruttiferi di numerose specie di Funghi Ascomiceti, tra le quali: Tartufo magnatum (tartufo bianco o di Alba); Tartufo melanosporum (tartufo nero o di Spoleto o di Périgord); Tartufo brumale (tartufo violetto); Tartufo excavatum (tartufo giallo). Tutte queste specie vivono in simbiosi micorrizica con l’apparato radicale di numerose piante legnose, soprattutto querce, pioppi, salici e noccioli.

Aspetto
I tartufi rimangono sotterranei e crescono isolati o in piccoli gruppi. Hanno forma di tubercolo rotondeggiante, più o meno lobato; in essi si possono riconoscere una porzione corticale liscia o verrucosa, di colore variabile dal nocciola chiarissimo al rossiccio, al grigio, al nero, e una porzione interna percorsa da evidenti nervature. Nel tartufo bianco, per esempio, la superficie esterna è liscia e di colore ocra pallido, mentre nel tartufo nero è scura e verrucosa.

Utilizzazione
I tartufi si possono consumare crudi, tagliati a fette sottilissime (in questo modo, si utilizzano solo i tartufi bianchi), oppure cotti. E’ possibile anche conservarli a lungo, in sabbia, in segatura o anche in scatola.
I tartufi sono oggetto di coltivazione, solitamente in zone collinari a clima temperato-caldo e in terreni calcarei

Spinacio

SPINACIO (SPINACIA OLERACEA)

Sui mercati lo troviamo da ottobre a dicembre e da febbraio a giugno. Si presta particolarmente alla surgelazione. La raccolta deve essere effettuata quando le foglioline sono asciutte; queste ultime inoltre devono essere sanissime, esenti da parassiti e prive di stelo fiorifero.

Famiglia
Chenopodiacee

Origine
Asia occidentale o Asia centro-meridionale

Aspetto
Pianta erbacea annuale, con fusto eretto, cavo, ramoso, alto da 30 cm a 1 m

Foglie
Quelle basali (cioè la parte normalmente raccolta per essere consumata (sono lungamente picciolate, glabre, grassette, spesso bollose, con lamina quasi triangolare, intera o incisa. Le foglie caulinari sono triangolari-oblunghe.

Fiori
Verdastri, quelli maschili riuniti in spighe terminali, quelli femminili in glomeruli ascellari

Frutti
Acheni trigoni, lisci o spinosi

Utilizzazione
Come ortaggio, di cui si consumano, cotte in vario modo, le foglie

Varietà
Se ne coltivano diverse, tra cui si distinguono quelle a foglie lisce (sedano d’estate, gigante Santa Vittoria, Viking) e quelle a foglie ricce (sedano riccio di Asti, gigante riccio, presto bolloso)

Sedano

SEDANO (APIUM GRAVEOLENS)

E’ detto anche sellero; ne esistono di diverse varietà: il tipo a canna piena (bianco, rosa, dorato, violetto ecc.), oppure quello a canna vuota, meno pregiato. Per la conservazione il sedano migliore è senz’altro quello a coste piene, bianco o verde, ma molto tenero.

Famiglia
Ombrellifere

Aspetto
Pianta erbacea biennale, con radice fibroso-carnosa, fitfonante, con numerose radici secondarie. Il fusto è alto da 30 a 80 cm, cavo, solcato esternamente.

Foglie
Pennatosette, con piccioli lunghi (coste o canne), solcati, concavi, talora pieni (a canna piena), talora vuoti (a canna vuota)

Fiori
Piccoli, bianco-verdastri, quasi sessili, in ombrelle

Frutti
Acheni bruni, da cui si estrae l’olio essenziale di sedano, usato in profumeria e per aromatizzare prodotti alimentari

Utilizzazione
Come ortaggio, di cui si utilizzano le sole coste fogliari, le foglie o le radici, secondo le varietà

Varietà
Sedano propriamente detto o da costa, di cui si consumano le grosse costole fogliari (bianco dorato a canna piena, violetto di Tours); sedano rapa, di cui si consuma la radice tuberizzata (grosso gigante di Praga); sedano da erbucce o sedanino, di cui si usano le foglie, per condimento (verde da taglio)

Scorzonera

SCORZONERA (SCORZONERA HISPANICA)

Il suo nome deriva dal catalano escorzo che significa vipera; è chiamata anche viperina, perché anticamente si riteneva che guarisse dal veleno delle vipere. La scorzonera ha applicazioni, oltre che in cucina, anche in farmacia.

Famiglia
Composite

Origine
Europa meridionale

Aspetto
Pianta erbacea perenne, provvista di una grossa radice, lunga, carnosa, di colore scuro esternamente, mentre all’interno la polpa è bianca e soda. Lo stelo fiorifero è alto circa 1 m, poco ramificato e foglioso

Foglie
Quasi tutte disposte in una rosetta basale, lineari, inter, allungate

Fiori
Gialli, riuniti in infiorescenze a capolino, provviste di lungo peduncolo

Frutti
Acheni

Utilizzazione
Se ne consumano le radici, alle quali si attribuiscono qualità digestive, depurative e diuretiche. L’ingrossamento delle radici, che si raccolgono in autunno, viene favorito tagliando i fusti al momento della fioritura della pianta. In talune regioni vengono utilizzate anche le foglie della scorzonera, preparate in insalata

La ciliegia

Nome latino: Prunus avium
Famiglia: Rosacee
Potere calorico: 61 calorie per 100 grammi

Per la bellezza
- la polpa delle ciliege è anche un ottimo tonificante per la pelle. Potremo preparare una efficace maschera di bellezza frullando i frutti ben maturi, e impastando il ricavato con uguale quantità di farina di semi di lino.
- la stessa maschera, preparata con polpa di amarene, ha invece specifiche proprietà astringenti: è quindi particolarmente adatta a chi ha pelle grassa e impura.
- a chi ha invece problemi di pelle a chiazze, si consiglia la maschera preparata frullando 100 grammi di polpa di amarene con un bianco d’uovo.

In cucina
- buonissime al naturale, come frutta fresca gustosa e dissetante, le ciliege si prestano anche a molte saporite preparazioni casalinghe: dalle deliziose marmellate agli sciroppi, dalle gelatine alle composte, ai gelati.
- ciliege e amarene sono anche alla base di tanti liquori, che si producono un po’ in tutto il mondo: il Maraschino, originario della Jugoslavia, ricordiamo il tedesco Kirsch, l’alsaziano Kirschwasser, gli italiani Cerasella e Ratafià di Adorno, il celebrato Cherry Brandy e l’esotico Sakura giapponese, un raffinatissimo liquore ottenuto dalla distillazione dei fiori di ciliegio.
- Raccomandazione importante: non bisogna assolutamente ingerire i noccioli delle ciliege perché contengono una sostanza generatrice di acido cianidrico.

Il dragoncello

Sono due i tipi di dragoncello che troviamo in Italia: quello selvatico e quello coltivato. Bisogna però fare una netta distinzione tra di loro, perché ben diverse sono le loro proprietà aromatiche.

Il primo, abbastanza diffuso nel nostro paeste allo stato spontaneo, ha sapore un po’ aspro e piccante ed è quasi senza profumo: quindi, anche se in alcune regioni viene utilizzato in cucina, soprattutto per insaporire le carni, non può certo gareggiare sul piano gastronomico col meraviglioso aroma della varietà coltivata, cioè del dragoncello francese.

Le due varietà di dragoncello si differenziano comunque tra loro anche per l’aspetto: di un verde più intenso, più grandi e carnose le foglioline del tipo coltivato; più pallide e minute quelle del tipo selvatico. Ed ancora diverso è il loro cespuglio: portamento eretto nella varietà selvatica; prostrato e con steli più grossi e ramificati in quella coltivata.

In cucina se ne utilizzano i giovani germogli e le foglioline che si possono cogliere dalla primavera fino all’autunno inoltrato tagliando la parte alta degli steli. Il dragoncello ha infatti grande vigore vegetativo e le pianticelle ricrescono velocemente dopo il taglio, consentendoci una loro lunga e abbondante utilizzazione.

E’ sempre consigliabile usarlo fresco, perché essiccato perde gran parte del suo aroma: volendo, potremo però conservarlo per l’inverno facendo essiccare le sue foglioline all’ombra e in luogo aerato, oppure mettendole sott’aceto o, meglio ancora, surgelandole. In tal caso racchiuderemo le foglioline di dragoncello, ben pulite, in piccoli sacchetti di plastica per alimenti oppure in scatoline di plastica che chiuderemo con cura con un po’ di carta stagnola o di pellicola trasparente: al momento di utilizzarlo, toglieremo velocemente dalla confezione la sola quantità che ci serve e riporremo immediatamente il resto nel freezer.

In cucina
Molteplici i suoi usi in cucina: lo potremo utilizzare, tritato finemente, per la preparazione di salse, dalla tipica “crema al dragoncello” alla celebre “bernese”, ma anche per aromatizzare e colorare di un bel verde brillante la solita maionese oppure la besciamella, o anche per dare un tocco diverso e raffinato al normale puré di patate.

Ma lo potremo anche accostare sapientemente alle uova per creare frittate dal gusto particolarissimo: del resto il dragoncello è ritenuto ingrediente indispensabile per la preparazione della celebrata “omelette alle erbe fini” addirittura dal grande George Auguste Escoffier, senz’altro uno dei più grandi cuochi di tutti i tempi.
La ricetta prevede infatti come “erbe fini” quattro diversi aromi: dragoncello, cerfoglio, erba cipollina e prezzemolo.
Inoltre il dragoncello è indispensabile componente anche del classico “bouquet garni", sapiente accostamento di erbe aromatiche che, opportunamente legate in mazzetti oppure racchiuse in sottili sacchetti di mussola, vengono utilizzate per insaporire brodi e minestre, court-bouillons, marinate, bolliti, salse, brasati, arrosti e via dicendo.

Ma il dragoncello è anche prezioso aromatizzante, da utilizzare per la preparazione di molte varietà di sottaceti e conserve, di raffinati condimenti e persino di liquori.

Per ottenere un condimento per salse e insalate che sia insieme delicato e aromatico, potremo ad esempio lasciar macerare in un vaso di vetro per circa due mesi 60 gr di foglioline fresche di dragoncello in mezzo litro di vino bianco secco, avendo cura di esporre il recipiente al sole. Se invece desideriamo un condimento dal sapore più forte e deciso, sostituiremo al vino dell’ottimo aceto.

Quanto ai liquori, vi è una ricetta molto semplice che consiste nel porre alcuni ramoscelli di dragoncello in una bottiglia di acquavite: lasceremo macerare il tutto per circa un mese, poi filtreremo ed uniremo al liquido ricavato uno sciroppo preparato con 500 gr di zucchero e un quarto di litro d’acqua.

Per la salute
La moderna fitoterapia non ha fatto che confermare molte delle proprietà terapeutiche che già gli antichi medici arabi attribuivano all’aromatica pianticella. Oggi infatti si riconoscono al dragoncello buone proprietà antisettiche, antispasmodiche, stimolanti, vermifughe. Al di là quindi della prescrizione terapeutica degli infusi di dragoncello per la cura specifica di alcuni disturbi, è utile sapere che il suo uso in cucina come aromatizzante non solo ci consente di dare un vero tocco di classe a molte pietanze, ma è anche di grande vantaggio per la salute.

In particolare il dragoncello ha il potere di stimolare l’appetito e facilitare la digestione e risulta particolarmente consigliabile per dare sapore ai cibi in tutte le diete in cui deve essere eliminato il sale.

Le cotture dei piatti freddi

 

Riso e pasta
Il tempo varia secondo la qualità del riso; in genere, comunque, va dai 15 ai 25 minuti circa. Il riso si presta a una infinità di cotture, la qualità quindi va scelta in funzione di queste.
La pentola dove si cuoce la pasta deve essere sufficientemente capace per contenere un litro di acqua per ogni 100 gr di pasta. E’ importante sapere che esiste una sostanziale differenza tra la dicitura “pasta all’uovo” e “pasta con le uova”. La prima infatti deve, per legge, contenere almeno 5 uova per ogni chilo di farina impiegato, e quindi anche il tempo di cottura varia.

Carni
Un buon lesso deve cuocere in poca acqua e va immerso quando questa ha raggiunto il bollore, è stata salata e arricchita con aromi. Le carni che vanno arrostite devono sempre essere legate accuratamente, poi messe nel recipiente di cottura che non deve essere molto più grande del pezzo stesso per evitare dispersione di calore e di condimento.

La gelatina
Preparata in casa è di due tipi: quella chiara e quella scura. E’ un’operazione semplicissima, ma un po’ laboriosa; vale la pena però di provare.
Qui di seguito le ricette per prepararle entrambe per ottenere circa due litri di gelatina.
Gelatina chiara: 1 kg di garretto di manzo, 500 gr di garretto di vitello, 2 piedini di vitello, 1 osso, 2 cipolle, 2 carote, 1/2 sedano, prezzemolo, timo, lauro, sale, pepe.
Mettete la carne in 4 litri di acqua fredda, portatela a ebollizione, schiumate due o tre volte. Aggiungete le verdure, poco sale e pepe. Fate bollire per circa 4 ore poi passate il brodo, fatelo raffreddare e sgrassatelo.
Gelatina scura: la differenza consiste nel tagliare a pezzi il garretto di manzo e di vitello, unire le verdure pure tagliate e fare rosolare il tutto fino a quando non diventerà di un bel colore bruno. A questo punto si versa l’acqua e si aggiungono i piedini di vitello procedendo poi come per la gelatina chiara.

Il pesce
Va lessato sempre a fuoco bassissimo e per non più di 10 minuti per ogni chilo di peso. La pesciera, munita di coperchio e di griglia mobile è indispensabile per non rovinare il pesce una volta cotto, e poterlo così accomodare intero sul piatto di portata. Un’altra cosa indispensabile è il court-bouillon nel quale il pesce lesserà. E’ composto da circa 1 litro di acqua, aceto, fette di limone, cipolla e un mazzetto di odori.
I crostacei vanno lessati in acqua a bollore, con un court-bouillon come quello del pesce o semplicemente con aggiunta di fette di limone e un pizzico di sale che darà sapore alla carne tendenzialmente dolce.
I crostacei di grosse dimensioni andrebbero immersi nell’acqua a bollore quando sono ancora vivi.

Le verdure
Possono essere cucinate in diversi modi, ma la partenza è quasi sempre la cottura a vapore o la lessatura. I tempi di cottura variano da specie a specie: il modo più sicuro per controllare rimane sempre l’assaggio. Le verdure vanno sempre immerse in acqua a bollore ad esclusione dei legumi che vanno immersi in acqua fredda.

I dolci
Specialmente per le torte che devono lievitare in forno è indispensabile acquistare un termometro da forno che permetterà di rilevare l’esatta temperatura, elemento principale per la buona riuscita di un dolce. Prima di preparare il dolce, scegliete lo stampo in misura rapportata alle dosi.

Le salse
E’ indispensabile avere un tegame con il fondo doppio in modo che il composto non attacchi; ancora meglio però è il sistema di cottura a bagnomaria. Per evitare che la salsa posta sul fuoco si scomponga, aggiungete gli ingredienti che ancora mancano a cucchiaiate, aspettando prima di aggiungere la seconda fino a quando la prima non si sarà ben amalgamata al composto.

Radicchio trevigiano

RADICCHIO TREVIGIANO (VARIETA’ DI CICHORIUM INTYBUS)

Il radicchio trevigiano è diffuso particolarmente nel Veneto. E’ un’insalata piuttosto saporita che si trova sul mercato da novembre a febbraio. Il radicchio di Treviso fa parte della famiglia delle cicorie a foglie rosse.

Famiglia
Composite

Aspetto
Pianta erbacea, con lunga radice a fittone e fusti eretti, flessuosi, ramosi fin dalla base

Foglie
Larghe, tenere, croccanti, delicate, di colore rosso sangue vivace, ottenuto mediante speciale trattamento, ossia sradicando le piante e ammucchiandole, con terricciato, in luogo buio, dopo averne tagliato le foglie verdi normali a 2-3 cm sopra il colletto; la pianta rifà in tali condizioni nuove foglie tenere che assumono appunto colore rosso.

Fiori
Esclusivamente ligulati, riuniti in capolini sessili

Frutti
Acheni

Utilizzazione
Come pianta orticola, le cui foglie si consumano in insalata

Varietà
Esiste una varietà rosata a foglie più chiare, prodotta per forzatura: compare sui mercati come una delle più gustose insalate invernali

Prezzemolo

PREZZEMOLO (PETROSELINUM VULGARE)

Pianticella aromatica, le cui foglie sono largamente usate in cucina per profumare piatti e salse. Contiene un olio essenziale che stimola l’apparato digerente e conferisce alle vivande un grato aroma. In cucina conviene utilizzare insieme alle foglie, anche i gambi.

Famiglia
Ombrellifere

Origine
Probabilmente Africa nord-occidentale e Siria

Aspetto
Pianta erbacea biennale allo stato spontaneo e annuale in coltura, con radice a fittone un poco carnosa. Il fusto è eretto, alto da 15 a 50 cm, striato-angoloso e ramoso nella parte superiore

Foglie
Lucide, di colore verde vivo, a contorno triangolare, bipennatosette le inferiori e tripennatosette le superiori

Fiori
Piccoli e insignificanti, di colore giallo-verdognolo, riuniti in ombrelle composte

Frutti
Diacheni globosi e ovoidali, con 5 costolature filiformi, ma ben evidenti

Utilizzazione
Come pianta condimentaria e aromatica

Varietà
Sono numerose. Prezzemolo primaticcio, comune, di Erfurt, riccio. Una varietà avente grandi foglie e grosse costole, il prezzemolo gigante di Napoli, viene fatta imbiancare e consumata come i comuni sedani

L’aceto

Aceto deriva dal latino acetum, derivato a sua volta da acer, che vuol dire acre.

Prodotto dalla fermentazione di liquidi alcoolici, come ad esempio il vino, l’aceto era noto già nell’antichità.
Plinio racconta che i soldati romani lo bevevano diluito nell’acqua per dissetarsi durante le lunghe marce per la conquista di nuove terre e nuovi popoli. Ma anche Ippocrate e Galeno ne accennano ripetutamente. D’altronde già il grande Orazio (65 a.C. – 8 a.C.), nelle sue “Satire”, per indicare lo spirito mordace dei romani usava l’espressione “aceto italico”, proprio perchè il sapore dell’aceto buono, naturale, ha un piacevole odore di acido, ricreante e nello stesso tempo spiritoso, senza per questo essere assolutamente irritante.

Nel medioevo la fabbricazione dell’aceto, divenuta più complessa, avveniva attraverso un procedimento quasi misterioso, che si tramandava di padre in figlio, tanto che a Firenze, nel 1394, venne costituita una corporazione di “acetari” riconosciuta giuridicamente. Col passare dei secoli, tra l’altro, alchimisti e medici riconobbero all’aceto, sottoposto a diversi trattamenti e mescolato con altre sostanze e liquidi, proprietà portentose dal punto di vista curativo.

Ma ritorniamo all’aceto da condimento. Come riconoscere quello buono da quello scadente. Abbiamo detto che l’aceto buono ha un piacevole odore di acido, né forte né disgustoso; il colore, inoltre, deve essere quello del vino che lo ha prodotto, deve essere limpido e trasparente (per fare la prova basta travasarlo da un recipiente all’altro: se non è vischioso è di buona qualità). Quanto all’aceto ottenuto dal vino bianco, deve essere più o meno giallognolo.

Con l’aceto bianco si possono ottenere, in casa, ottimi aceti aromatici, che consentono di variare il gusto delle insalate. Il procedimento è molto semplice: basta mettere nel recipiente dell’aceto l’erba preferita (basilico, rosmarino, mentuccia, prezzemolo, salvia) oppure peperoncino, cipolla ecc., ed esporlo alla luce del sole per due mesi: il risultato è un aceto saporito, gustosissimo. Per quanto riguarda gli aceti aromatizzati, però, occorre ricordare che non vanno usati troppo spesso, perchè il loro sapore può stancare (se se ne hanno di due o tre tipi si cercherà di alternarne l’uso facendo però molta attenzione all’accostamento dei sapori).

Per quanto riguarda la dose, vanno versati con parsimonia, poichè poche gocce servono a dare sapore a notevoli quantità di verdura. Degli aceti fabbricati in Italia è particolarmente famoso quello di Modena, noto da secoli col nome di aceto balsamico. Esso si ottiene introducendo il mosto dell’uva in fiaschi e barili che già hanno contenuto aceto: il processo di inacidimento è molto lungo, circa 25 anni. Al termine dell’invecchiamento dalla botte o dal contenitore usato per la conservazione esce un liquido piuttosto denso, nero-giallo, fortemente acido e con un gusto finale dolcigno, di aroma tutto particolare.

Famoso è anche l’aceto aromatico preparato nei tempi andati dalla Farmacia di S.Maria Novella in Firenze, ottenuto con foglie secche di melissa, menta piperita, rosmarino, salvia, aglio e aceto.

Tra l’altro l’aceto, oltre ad essere un buon condimento, è anche un ottimo conservante, poichè impedisce la decomposizione: per questa ragione è usato nelle conserve di legumi, peperoni, funghi, ed anche per la conserva delle carni.

Porro

PORRO (ALLIUM PORRUM)

Il porro non cresce allo stato spontaneo. La sua coltivazione è diffusa soprattutto in Piemonte. Le migliori varietà sono: il gigante d’estate di Palermo, il grosso di Rouen, il giallo di Poitou. Il porro è una verdura poco usata nella conservazione.

Famiglia
Gigliacee

Origine
Regioni mediterranee

Aspetto
Pianta erbacea biennale, provvista di bulbo ovoidale, allungato, semplice, con tuniche bianche. Il caule è semplice, cilindrico, eretto

Foglie
Appiattite, lineari, carenate, inguainanti il caule alla base, succulente, tenere, chiare inferiormente e verdi-glauche in alto

Fiori
Bianchi o rossicci, formanti un’ombrella quasi sferica

Frutti
Capsule loculicide, con semi neri, grinzosi e compressi

Utilizzazione
Pianta orticola ampiamente coltivata, di cui si consumano il bulbo e la parte inferiore del fusto e delle foglie, cucinati in vario modo o usati come condimento

Varietà
Mostruoso di Carentan, gigante d’estate di Palermo, grosso di Rouen, grosso d’inverno di Brabant

Pomodoro

POMODORO (SOLANUM LYCOPERSICUM)

Le varietà di pomodoro più indicate per le conserve sono: San Marzano, fiaschetta, lampadina, re Umberto. Un buon pomodoro da conserva deve possedere questi requisiti: deve essere maturo, consistente, colorato uniformemente, privo di macchie e di muffa.

Famiglia
Solanacee

Origine
Probabilmente il pomodoro è originario del Sudamerica

Aspetto
Pianta erbacea annuale, con fusto dapprima eretto e quindi decombente, per cui necessita di un sostegno

Foglie
Alterne, pennato-composte, formate da piccole foglioline pelose, emananti un caratteristico odore

Fiori
Gialli, con calice persistente, riuniti in corimbi o in grappoli cimosi

Frutti
Bacche di forma e dimensioni diverse, lisce, a polpa rossa e acquosa, contenente numerosi semi

Utilizzazione
Come pianta orticola

Varietà
Si raggruppano in 4 categorie: pomodoro da tavola, a frutto tondo e carnoso (primaticcio di Palermo, comet, export); pomodoro da conserva, a frutto compresso e costoluto (meraviglia dei mercati, pierrette, perfection); pomodoro da serbo, a frutti piccoli, in grappolo (re Umberto, fiaschetta); pomodoro da pelati, a frutti piriformi e lunghi (San Marzano)

Pisello

PISELLO (PISUM SATIVUM VAR. HORTENSE)

E’ largamente coltivato in forma intensiva in gran parte nel continente asiatico ed europeo. Il pisello da noi si coltiva in primavera sino all’inizio dell’estate e non oltre, in quanto non sopporta le temperature troppo elevate e la siccità. Oltre che conservati al naturale in vaso, si prestano ad essere surgelati.

Famiglia
Papilionacee

Origine
Asia occidentale

Aspetto
Pianta erbacea annuale, con stelo di lunghezza variabile, fistoloso, glabro, eretto, rampicante o decombente secondo le cultivar

Foglie
Paripennate, terminanti con un cirro ramoso e composte da 1-3 paia di foglioline ovali o largamente ellittiche. Alla base sono presenti stipole grandi e cuoriformi.

Fiori
Picciolati, ascellari, qualche volta riuniti in grappoli, di colore variabile nelle diverse cultivar (bianchi, rossi, gialli, violetti, verdicci ecc.)

Frutti
Legumi lineari-oblunghi, prima compressi poi quasi cilindrici, contenenti semi lisci o rugosi, sferici

Utilizzazione
Pianta orticola, di cui si consumano i semi (freschi o conservati) e l’intero legume (taccole)

Varietà
Piselli autunnali o primaverili; nani, seminani, rampicanti; da consumo fresco, da sgranare o mangiatutto

Peperone

PEPERONE (CAPSICUM ANNUM)

Per la conservazione è sconsigliabile raccogliere i peperoni quando le piante sono umide o bagnate, ma bensì nelle ore pomeridiane quando il sole li ha asciugati. Sembra che nel peperone siano contenute alcune sostanze medicamentose.

Famiglia
Solanacee

Origine
America meridionale

Aspetto
Pianta erbacea annua, con fusti eretti, verdi, angolosi, ramificati, più o meno glabri, alti da 0,50 a 1 m

Foglie
Ovali o ellittiche, acuminate, a margine intero, di colore verde scuro, lucenti, di dimensioni variabili

Fiori
Piccoli, bianchi, ascellari, isolati o riuniti per 3

Frutti
Bacche carnose, cave all’interno e divise da setti in 2 o 3-4 loculi. Hanno forma, colore, sapore e dimensioni diverse nella varie cultivar

Utilizzazione
Come pianta orticola. I frutti si consumano sia freschi che conservati; alcuni (detti peperoncini o capsici) vengono essiccati e polverizzati ed entrano nella costituzione della paprica

Varietà
Tra le molte varietà ricordiamo: peperone di Asti, dai frutti squadrati, cioè troncati alla base e all’apice, con polpa compatta e dolce; lungo sottile di Cajenna o spagnolino piccante, dai frutti allungati

Oliva

OLIVO (OLEA EUROPAEA VAR. SATIVA)

Delle numerose varietà, talune sono adatte ad essere conservate sott’olio o sotto sale ed altre per estrarvi l’olio. Le olive nere in particolare si possono conservare in salamoia oppure seccare in forno.

Famiglia
Oleacee

Origine
Sicuramente l’Asia minore

Aspetto
Albero alto da 5 a 20 m, con tronco cilindrico, spesso caratteristicamente contorto e rivestito da corteccia bruna e screpolata. La chioma ha aspetto vario, in base soprattutto ai sistemi di potatura

Foglie
Persistenti, intere, oblunghe o ellittiche, coriacee, di colore verde-grigiastro superiormente e argentee nella pagina inferiore, per la presenza di peli squamosi

Fiori
Piccoli, biancastri, in infiorescenze ascellari a racemo

Frutti
Drupe carnose a buccia liscia e lucida, dapprima verdi, quindi nerastre a maturità. La polpa, più o meno spessa, è oleosa e aderisce a un nocciolo legnoso, contenente un seme

Utilizzazione
I frutti, previa spremitura, forniscono l’olio commestibile; alcuni si consumano direttamente

Varietà
Varietà da olio (Casalina, Carboncella, Aurina, Oliaria) e varietà da tavola (Ascolana, cucco od olivone ecc)

Dizionario dell’insalata

Cicoria asparago o di Catalogna
Si presenta sotto forma di grossi ceppi dalle foglie strettissime, molto lunghe, frastagliate ai margini e sorrette da una costola robusta e carnosa di colore bianco-verdastro. E’ commestibile solo cotta.

Cicoria belga
Ha foglie bianche appena sfumate di giallo sulle punte e avvolte strettamente le une sulle altre in modo da formare un cespo allungato e compatto.

Cicoria comune da taglio o spadona
Ha forma stretta e allungata, colore verde intenso e sapore amarognolo; viene venduta a mazzetti ed è ottima quando è giovane.

Cicoria riccia o indivia
Ne esistono diverse varietà caratterizzate tutte da un fitto fogliame più o meno ricciuto (vi è anche l’invidia “ricciutissima”) di colore verde piuttosto chiaro con cuore centrale quasi bianco.

Cicoria scarola
Si presenta in cespi di diametro anche molto largo, con foglie allungate provviste di venatura centrale piuttosto carnosa. Sono tenerissime e croccanti soprattutto le foglie centrali.

Cicorietto o radicino
Ha foglioline strette e allungate che non superano i 5-6 centimetri di lunghezza; viene raccolto nella prima fase dello sviluppo ed è perciò la varietà più tenera di cicoria.

Crescione
E’ un’insalata che cresce spontaneamente lungo i fossati in primavera e in estate; presenta foglie piccole, di forma ovale, di colore verde smeraldo e dai contorni irregolari. Il sapore è leggermente amarognolo.

Lattuga a cappuccio
Si presenta in cespi di forma tondeggiante, costituiti da grandi foglie che si sovrappongono le une alle altre, chiudendosi intorno a un cuore centrale; ve ne sono molte qualità che possono essere di colore verde chiaro, verde striato di rosso o verde scuro. Si trova in commercio tutto l’anno.

Lattuga romana
Si presenta in cespi di forma allungata, con costole spesse e bianche; le foglie possono essere, secondo la qualità, verde chiaro, verde scuro o verde striato di rosso bruno.

Lattughino da taglio
Insalata primaverile tenerissima e precoce. Le foglie possono essere verdi o rosse, lisce o ondulate.

Songino
Cresce spontaneamente nei prati all’inizio della primavera, ma può anche essere coltivato; presenta foglie piccole e ovali che si dipartono da un cuore centrale. Se raccolto al primo stadio dello sviluppo è dolce e tenerissimo.

Radicchio di Castelfranco
Presenta foglie larghe tondeggianti con una colorazione variegata che va dal bianco al giallo, al rosato e al rosso rubino.

Radicchio di Treviso
Presenta foglie strette e allungate di colore rosso intenso con costola centrale bianca e piuttosto carnosa. E’ molto croccante ed ha un gusto leggermente amarognolo.

Radicchio di Verona
E’ simile al radicchio di Castelfranco ma le foglie presentano un colore rosso più intenso, solo leggermente variegato.

La carne

Cosa fare per renderla tenera e gustosa? Scegliere il taglio giusto per il tipo di cottura che si intende effettuare.
Sia per le carni da cucinare arrosto sia per quelle brasate è consigliabile provvedere a marinarle fin dal giorno precedente.

Le carni arrosto richiedono una marinatura a base di erbe aromatiche (rosmarino, salvia, alloro, aglio), tritate finissime, diluite con olio extravergine d’oliva. Si cucineranno poi nella stessa marinata.

Per quelle stufate l’ideale è un abbondante trito di carote, sedano, cipolle o scalogno, aglio, prezzemolo diluito con ottimo vino bianco o rosso.

Gli stracotti e i brasati si possono steccare, prima della cottura, con bastoncini di lardo o di pancetta.
Per entrambi i tipi di carne va effettuata la cottura prima a fiamma vivace per ottenere una perfetta e regolare doratura su tutta la superficie e poi a fiamma molto bassa unendo all’inizio vino e poi brodo e acqua, sempre bollenti.

Se la carne si fosse attaccata sul fondo è bene provvedere a sollevarla delicatamente dalla casseruola senza grattare il fondo e aggiungere poi al sugo rimasto un goccio di vino bianco secco o di brodo e, ancora senza grattare, riversarlo sulla carne continuando la stufatura molto lentamente.

I tournedos, le bistecche, i nodini e gli ossibuchi facilmente si arricciano quando si cucinano in padella; per questo è bene tagliare la pellicolina tutt’attorno in più punti.

Le fettine di carne rossa o carne bianca da cucinare alla griglia richiedono, per la perfetta cottura, solo pochi, essenziali accorgimenti.
E’ importante innanzitutto scegliere la griglia giusta, preferibilmente in ghisa o ardesia, materiali particolarmente indicati per trattenere e distribuire il calore in modo uniforme.
Condurre la cottura nel più breve tempo possibile per non rinsecchire le carni; scaldare molto bene la griglia e pennellarla di olio prima di appoggiarvi i cibi da cuocere; mantenere la fiamma costante; evitare di rigirare le carni con la forchetta, ma utilizzare sempre una paletta (punzecchiarle equivale a disperdere una parte di quei loro succhi preziosi che vengono trattenuti dalla doratura superficiale).

Il coniglio spesso sa di selvatico; per togliergli questo sapore basta tenerlo immerso, dalla sera precedente, nel latte; l’indomani andrà scolato, lavato e ben asciugato prima di essere cucinato arrosto, in umido o in padella.

La selvaggina in genere va opportunamente frollata e marinata.
Il sapore di selvatico va tolto mantenendo i capi immersi per qualche ora in acqua e aceto.

Per pezzi più piccoli, fagiano, anitra ecc., è consigliabile infilare nel ventre un limone intero ben lavato e steccato con abbondanti chiodi di garofano: il limone assorbirà quasi tutto l’odore di selvatico e la buccia profumerà nel medesimo tempo la carne.

Menta

(GEN. MENTHA)

E’ una delle erbe più usate in cucina per aromatizzare piatti e salse. Seccata e mescolata al tè serve per preparare un’ottima bevanda. Ha anche proprietà medicinali. La menta, per il nostro uso, deve essere raccolta nel periodo balsamico, che corrisponde alla prima fioritura.

Con il nome di menta sono indicate numerose specie, quali ad esempio: Menta piperita (la più coltivata), Menta viridis, Menta pulegium, Menta rotundifolia, Menta aquatica ecc.

Famiglia
Labiate

Aspetto
Piante erbacee e perenni, a fusto tetragono, eretto e ramificato

Foglie
Semplici e opposte, ovalo-arrotondate, cardiformi, oblunghe, variamente dentate ai margini, glabre o più o meno vellutate

Fiori
Piccoli, bisessuati, con calice persistente e corolla bilabiata di colore purpureo, roseo o bianco. Possono essere riuniti in verticilli ascellari, a loro volta addensati in glomeruli, oppure essere disposti in una o più spighe, all’estremità dei fusti

Frutti
Tetracheni

Utilizzazione
La menta si utilizza come aromatizzante, ma principalmente per l’estrazione dell’essenza che trova impiego in preparazioni farmaceutiche e in dentifrici, nell’industria delle caramelle, in liquoreria ecc.

Galateo dei dolci

Le regole che riguardano i dolci non sono molte e sono tutte improntate a una grande semplicità.

- Le torte si servono su piatti di porcellana o di metallo che si possono ricoprire, prima di appoggiarvi il dolce, con un centrino di carta lavorata a pizzo. Si tagliano in presenza degli ospiti e le fette si depositano nei singoli piattini servendosi dell’apposita paletta; si mangiano poi usando sia forchetta e coltellino, o la speciale forchettina munita di bordo tagliente.

- I pasticcini si dispongono in bell’ordine sul piatto da portata, non alla rinfusa ma divisi per qualità, così che l’ospite sia facilitato nella scelta; questi li prenderà con le dita dal piatto di portata insieme al loro pirottino se c’è, li deporrà nel proprio piatto e, dopo averli liberati dalla carta, li mangerà in un solo boccone, a meno che non abbiano misura troppo grande. Una certa prudenza va usata con i dolcetti ripieni di crema o di liquore, poiché è facile che l’interno sgoccioli.

- Se i dolci ripieni di frutta contengono noccioli o semi, questi si raccolgono poi nella mano e si depositano quindi sul piattino, secondo il principio sempre valido che ciò che si porta alla bocca con le mani deve ritornare nel piatto attraverso le mani stesse.

- Si ricordi che un dolce non deve mai mancare nella composizione di un menù di un certo impegno. Il dolce, che sarà generalmente una torta, sostituibile con un gelato, si serve dopo il formaggio e prima della frutta. I pasticcini invece sono più adatti per il tè o per le riunioni dopo pranzo, serviti insieme al caffè e ai liquori.

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